Ancora sulle figlie del padre
Il mito della nascita di Atena getta una luce particolare sul legame tra padre e figlia.
Zeus unitosi a Meti, dea della prudenza e della saggezza, viene a sapere della profezia secondo la quale il figlio di quest'ultima sarebbe stato più potente del padre. Per evitare questo allora il sommo dio decide di ingoiare Meti. Così Zeus ripete lo stesso gesto di Crono. Ma anche, così come Zeus/Giove aveva evirato e spodestato Saturno/Crono (il quale a sua volta aveva sconfitto il padre Urano) allo stesso modo Zeus viveva nel terrore che qualcosa del genere potesse accadere anche a lui.
Il racconto ci mostra quindi come nella preoccupazione di un padre ci possa essere quella di generare un figlio maschio capace di detronizzarlo. È il tema della rivalità "contro edipica", potremmo dire, di un padre che vede nel figlio maschio un potenziale nemico, una minaccia al suo regno, qualcuno che verrà a contestare la sua autorità. Nel figlio maschio il padre spia e teme un altro se stesso più giovane e più forte, animato dalle stesse intenzioni e desideri, un nemico che non aspetta altro di sostituirlo, di farlo fuori: si tratta di una identificazione speculare ed immaginaria. Il figlio maschio, l'unico legittimato a sostituirlo, è anche un segno dell'inesorabile passare del tempo e dell'avvicinarsi della condanna della morte. Il figlio maschio, dunque, se da un lato è ciò a cui la procreazione paterna è finalizzata, in quanto solo il maschio tramanda la discendenza, porta avanti le insegne ed il nome della casa, dall'altro contiene il seme della castrazione, del conflitto e della morte.
La discendenza in una società patriarcale contiene in sé questo aspetto di competizione per la vita e per il trono, una lotta per la sopravvivenza, che l'avvicendarsi delle generazioni cela. Come se non fosse pensabile una competizione, una lotta per il potere che non sia interna alle fonti ed ai luoghi del potere attuale stesso.
Diversamente vanno le cose con la figlia. La progenie di Meti sarà femmina (Atena), nascerà direttamente dalla testa del padre Giove, previo un terribile mal di testa, tutta completa, già formata, armata e subito al servizio del padre.
Atena è la figlia ideale, partorita dal padre (senza l'intervento contaminatrice della madre) creata dal pensiero del padre (nasce dalla testa), luminosa e pura come un ragionamento: una discendenza spirituale, una comunione di idee, dalla quale è espunta la dimensione ibrida dell carne, del desiderio, del godimento.
Perché un padre non vede nella figlia un potenziale avversario, ma una persona al suo servizio, la cui missione è servire il padre senza ribellione, di amarlo di un amore casto, asessuato, affto di scarificio, venerazione? L'alterità sessuale della figlia, l'appartenenza ad un sesso diverso disinnesca la competizione, la sfida? La figlia è un essere troppo fragile per poter sfidare il padre sul suo terreno?
Al tempo stesso Atena è una figlia androgina che pur femmina è guerriera (viene al mondo con l'armatura), che non si appassiona alle arti femminili della casa e della seduzione, ma alla strategia militare, alla sapienza (non a caso protegge l'astuto Odisseo). Atena inoltre è una figlia che decide di esser casta, di non abbandonarsi alla passione erotica, di non darsi a nessun altro dio o uomo, nell'unicità del suo legame al padre.
La figlia appare al padre come colei nella quale si trasfondono in maniera più pura gli ideali che il padre crede di incarnare, una discendenza spirituale, oggetto di un amore disinteressato, tenero, sensibile, senza secondi fini.
Appare chiaro come questa relazione si regga sulla rimozione della pulsione (sia quella del padre che della figlia) e come riceva i colpi più squassanti proprio dall'emergere della pulsione nel tempo della pubertà.
Quali conseguenze avrà tutto questo sulla mente ed il corpo delle figlie?